Un agguato in piena regola.
Non si tratta delle tragiche morti di Pio La Torre, di Piersanti Mattarella o del Giudice Livatino. Non stiamo parlando di Corleone o di Locri.
E’ successo stamattina a Vimodrone, un piccolo paese nei pressi di Milano.
La vittima, Giuseppe Nista, pregiudicato di 44 anni originario di Melzo (Mi), si trovava sulla sua auto quando due uomini a volto coperto si sono avvicinati a bordo di un motorino ed hanno fatto fuoco. Nonostante i soccorsi immediati Nista è deceduto poco dopo al Policlinico di Milano.
Ma chi era quest’uomo?
Ce lo spiega Giulio Cavalli sul suo blog:
Giuseppe Nista, pregiudicato 44 enne, nato a Melzo, legato ad ambienti della criminalità calabrese.
Era il fratello di Domenico Nista, arrestato nel 2005 per traffico di droga e che a partire dal 2007 ha reso dichiarazioni all’autorità giudiziaria. Il suo nome compare in almeno due inchieste. La prima è quella che nel 2009 ha raccontato le infiltrazioni della ‘ndrangheta negli appalti della Tav.
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Aggiornamento del 13/5:
Cerchiamo di capire meglio chi sono i protagonisti di questa vicenda.
Capita a proposito l'articolo di Davide Milosa per il Fatto Quotidiano online:
Franco lo zoppo, Peppe di Cittanova, Maurizio detto Maurino, il Macellaio e Mannaia Dio. Alias di malavita. Pseudonimi da verbali di polizia. Nomignoli da strada. Che puzzano di cordite e cocaina. Gente abituata a sfrecciare a bordo di grossi scooter. Con i sedili armati di 357 magnum. Gente che spara e gambizza. Minaccia ed estorce. Picchia e recupera il denaro della roba. Ombre che girano “accavallate” (armate,ndr) da quando si alzano a quando vanno a letto. Balordi di periferia zeppi di denaro racimolato a suon di buste di droga, trafficate all’ingrosso e spacciate per quartiere. Soldati di un esercito che tra i palazzoni dormitorio di Milano controllano e comandano. In nome e per conto dei boss. Calabresi. Senza dubbio. Tradotto: ‘ndrangheta. Ma non quella che punta al business pulito o ai rapporti con la politica lombarda. Non quella che sorseggia calici di champagne. L’altra: quella che corre lungo i perimetri urbani carburando con pippotti e bicchierate di Vat 69.
Il risultato, però, non cambia. E anzi è ancora peggio. Perché tocca la vita quotidiana dei cittadini assediati da chi va per bar e spara. Picchia in mezzo alla strada. Magari davanti a donne e bambini. Senza scrupoli. Come cani rabbiosi. Non ieri, ma oggi. Perché le grandi indagini della procura di Milano, gli arresti numerosi e le cupole (vere o presunte) hanno offuscato l’allarme sociale della mafia: il controllo del territorio. E così oggi, a due giorni dai tre colpi di 7 e 65 che hanno ferito e poi ucciso Giuseppe Nista, 44 anni, balordo come sopra, la partita di quartiere giocata da boss e gregari ritorna su come un rigurgito. Perché Beppe Nista era un tipo da armi e cocaina. Pregiudicato e socio di uno sfasciacarrozze a Segrate. Qui, poche centinaia di metri dopo, in via dei Mille a Vimodrone, i killer lo hanno seguito e freddato.
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